Scrittura: italiano forbito o linguaggio semplice?
Oggi mi sento molto curioso. Leggendo ebook di altri scrittori di genere, qualche volta mi sono imbattuto in parole che non conosco, che comunque fanno parte di un italiano forbito se non addirittura aulico; in questi casi non resta altro che prendere un dizionario e verificare l’esatta definizione.
Quando scrivo non sento il bisogno pressante di inserire delle parole difficili o in disuso, poiché preferisco uno stile di scrittura molto moderno e più semplice, in grado di poter raggiungere un numero più ampio di lettori e di raggiungere diverse fasce di età e cultura.
In realtà non amo molto i libri che tracimano di parole ricercate che tengono più incollati al dizionario che al libro… ma in fine dei conti la lingua italiana conta diverse decine di migliaia di vocaboli, che qualcuno dovrà utilizzare no?!
E qui nasce la curiosità che vorrei soddisfare, tu che sei un aspirante scrittore o meglio un autore indie emergente, quando scrivi, quale tipo di linguaggio utilizzi nei tuoi racconti: semplice o forbito?
La risposta varierà sicuramente in base alla cultura personale, al proprio stile di scrittura e alla tipologia di racconti che stai scrivendo; tuttavia conoscere diversi punti di vista su questa argomentazione mi solletica molto.
Personalmente credo più in una bilanciata gestione del lessico, e ogni tanto rendere omaggio all’italiano forbito, può soltanto giovare sia alla cultura personale che a quella dei lettori…tu cosa ne pensi?
Lo stile è compreso nel linguaggio inteso nell’accezione più estesa. E’ più difficile spiegare i processi che si evolvono spontaneamente quando si scrive un’opera che lasciarla scorrere nella mente e nell’anima. Si tratta di un’intuizione quasi primordiale: c’è sempre qualcosa d’imperscrutabile che la ragione non coglie. E’ questa la magìa e il carisma di un’opera riuscita: proporre più interrogativi di quanti ne risolva.
Il linguaggio di uno scrittore dev’essere soprattutto personalizzato: se leggendo una sua opera, sai dirne il nome, significa che ha un suo stile inconfondibile. Il modo diretto ed efficace di esprimersi è comunque preferibile, ben vengano le frasi semplici. A nessuno interessa lo sfoggio narcisistico di quante parole del vocabolario conosci, i concetti possono essere esaustivi anche senza frasi arzigogolate, senza artifici linguistici, che si possono tranquillamente lasciare a chi ama salire in cattedra piuttosto che comunicare.
Ciao Maria,
concordo che la semplicità debba prevalere: in fin dei conti alla base della scrittura, c’è una sorta di comunicazione che l’autore vuole esternare e in quest’ottica trovo sostanzialmente corretto, che quest’ultimo voglia raggiungere il più vasto pubblico possibile puntando alla maggior comprensione possibile.
Per quanto riguarda il discorso del linguaggio personalizzato come tu stessa evidenzi, in quel caso parlerei più di stile di un autore, in grado di renderlo riconoscibile e inconfondibile.